Il grido di dolore del giardino di Dio

L’attualità della Laudato si’ di papa Francesco nella riflessione del card. Edoardo Menichelli al congresso dell’Associazione medici cattolici al Miulli di Acquaviva

A distanza di otto anni, l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco mantiene più che mai vivo il dibattito sullo stato in cui abbiamo ridotto la Madre Terra e sull’urgenza degli interventi per salvarla. Come abbiamo udito e verificato dalle appassionate parole del card. Edoardo Menichelli, assistente ecclesiastico nazionale dell’Amci (l’Associazione dei medici cattolici italiani), in occasione del convegno organizzato all’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti.

Già vescovo di Ancona-Osimo, nominato cardinale da Francesco nel 2015 e divenuto emerito nel 2017, Menichelli è segretario della Commissione per la famiglia della Conferenza episcopale italiana e vicepresidente e delegato per la famiglia, per l’ecumenismo e il dialogo, e per la pastorale del tempo libero, turismo e sport nella Conferenza episcopale marchigiana.

Uno straordinario e accorato appello per illustrare Gli ineludibili compiti dell’umanità nei confronti del creato, quello del cardinale al convegno dell’Amci. “La Laudato si’ tocca tematiche relative allo splendido giardino di Dio affidato a noi, i suoi figli. Dovrebbero toccare la vita, la coscienza politica e sociale di quanti governano la nostra storia. Ripropongo a me stesso e a voi verità – impariamola a memoria questa parola – conosciute ma dimenticate, su cui riordinare e affrontare questioni e segni del cambiamento climatico sempre più evidenti. Problematiche poste da papa Francesco (n.5 Laudate Deum)”, osserva Menichelli. “Inutile nasconderlo, siamo dentro uno squilibrio che sta generando violenti fenomeni che danneggiano e fanno pensare a diagnosi ambientali rovinose. Non vi arrabbiate. Siamo un po’ tutti squilibrati. Siamo fuori di una ragionevolezza. Mi piace considerare come papa Francesco ha accolto il grido di dolore del giardino di Dio (Laudato si’, Laudate Deum). Allargo il discorso: ha accolto il grido di dolore della famiglia (Amoris laetitia), ha accolto il lamento dei giovani (Cristus vivit – Esortazione apostolica post Sinodo dei giovani). Il papa ci ha fatto conoscere le malattie da curare nel giardino con le prospettive e gli impegni di salvezza che coinvolgono e richiedono responsabilità plurali e scelte esistenziali impegnative”, prosegue.

“Questo grido è stato accolto?”, la severa domanda del cardinale è rivolta a tutti noi. “No. Non reagiamo abbastanza”, denuncia papa Francesco, paventando il pericolo che il mondo che ci ha accolto si stia sgretolando.

Salvaguardia del creato: Che scorrano la giustizia e la pace. Tema di riflessione per la chiesa quest’anno. Un tema che propone domanda e responsabile conversione: “La giustizia e la pace abitano in questa casa comune? Siamo dentro una storia di ingiustizie ambientali e climatiche – osserva Menichelli – che creano vittime e sofferenze. E’ una storia di ingiustizie con paradigmi di un essere umano senza limiti. Siamo dentro una storia dove la pace sembra non avere cittadinanza. Abbiamo rotto il rapporto fra giustizia e pace. Abbiamo stravolto il rapporto con Dio, fino alla tentazione di accusarlo (Ezechiele 11, 25), come un Dio non retto, quasi dormiente che non ci libera dai malanni e dai disagi della storia. Abbiamo rotto il rapporto inscindibile fra giustizia e pace perché abbiamo infranto il rapporto ubbidiente con Dio”.

 

Straordinarie ed efficaci le antinomie che il cardinale propone nel suo intervento: “Siamo passati da custodi del creato a padroni. Da coltivatori del creato a sfruttatori. Da fratelli che condividono ad egoisti raffinati e mai satolli. Da gioiosi abitanti temporanei, perché siamo tutti a tempo determinato, peraltro non conosciuto, a rapinatori che godono sulle ingiustizie che gravano sull’umanità più povera. Da liberi e sereni abitanti a conquistatori di pezzi del creato per accrescere una fatua onnipotenza. Così si finisce per considerare il creato, questa nostra casa comune, come merce per il profitto e il potere”.

Un’analisi “spietata”, legata a quanto di più impensabile, feroce – forse – l’uomo sia stato capace di determinare, sconvolgendo tutta la logica di Dio sul suo giardino. “Occorre recuperare la sacralità! E l’universale destinazione del creato. Occorre risvegliare una fede biblica: abbiamo bisogno di una teologia adorativa del creato, ricco di ogni bellezza”, ha ribadito con forza.

Non manca l’analitica indicazione-proposta per ripristinare quello che come uomini abbiamo distrutto. “Primo punto: tornare alla parola di verità – chiarisce il cardinale – dalla quale nasce una relazione vera tra casa comune, noi e il Signore. Non sono molto d’accordo, in senso letterale, con ambiente, terra, mondo. Noi abbiamo un’altra parola che diventa vangelo, profezia e verità: creato. Parola che vuol dire che qualcuno lo ha fatto e qualcun altro ne dispone con sapienza. Noi non possiamo pensare a qualcosa di confuso, ma di creato e se creato non è nostro perché noi non siamo capaci di creare. Creato che dice che tutto è stato fatto e che tutto è cosa buona (Genesi cap.1). Il creato è di Dio. Lui ne è il Signore. E creato dice molto di più di natura, di ambiente, di terra”.

Seconda idea. “Dove stai tu? Dove abiti? Non vi ho chiesto l’indirizzo. Dove abito io? Abito in un luogo che non è mio. E che non posso usare in un modo indisciplinato ed egoistico. Allora, il creato è dato all’umanità di ogni tempo perché vi abiti e vi si impegni per la dignità di ogni persona e popolo. Quando Dio creò l’uomo alla fine, cosa disse? Creando noi disse che era cosa molto buona. L’umanità è la cosa molto buona di Dio, ma solo se sta in un equilibrio ubbidiente. E’ importante ricordarlo”, spiega Menichelli.

 

Terzo flash. “Vi ricordo cinque verbi. Questo creato chiede di essere custodito. Si custodisce ciò che si ama. Qualcosa che fa parte di me. Custodire, Coltivare, Migliorare, Riconsegnare, Senza padroneggiare. Dentro questi verbi ci sono le nostre leggi, le nostre relazioni. Serve il concetto. Che mondo diamo alle nuove generazioni, ai nostri figli, ai nostri nipoti?”, riflette.

Quarto flash. “Dentro una storia di fraternità e non di antagonismi, nella solidale responsabilità e nella sapienza di essere tutti a tempo determinato e non autosufficienti”.

E in ultimo: “Ricordando che il creato ha una sua grammatica: di fecondità, di regole, di riposo, di sole, di notte, di aria, di acqua. Questa grammatica l’abbiamo sovvertita. Nemmeno gli animali riposano più. Il creato non è cosa da strapazzare. Esso ha in sé un disegno di amore e di verità, diceva papa Benedetto XVI, e un suo ordinamento che va riconosciuto e non alterato. Alla luce di questa fede biblica vanno lette le tante problematiche che oggi interpellano la coscienza etica di tutti. Il tema energetico, la solidarietà universale, la qualità della vita, la salute, un governo convergente per il bene e non per la conquista e il dominio. Questo e altro richiedono un impegno condiviso, una cultura di giustizia, una visione del futuro, una moralità esistenziale, decisioni coraggiose e non egoistiche. Ciò che si può riassumere in un’unica espressione: una responsabile conversione, per ricercare il bene comune e non il bene egoistico personale. Tutti nello stesso creato, tutti per il bene di tutti, tutti destinati per un tempo misurato, in una circolazione del bene. Utopia? No. Conversione”. Che impresa!

Una chiamata alla responsabilità e alla condivisione. Senza una reale accettazione della problematica esistente, della consapevolezza del livello dei danni che sono stati procurati alla casa comune, non c’è né cambiamento né possibilità di soluzione.

Per una reale conversione occorrono occhi nuovi, liberarsi da “certezze” poco efficaci e avviare un reale cambiamento del proprio vissuto quotidiano. “Ho letto che negli ultimi settanta anni abbiamo consumato più che nella storia precedente. Consumiamo, danneggiamo e poi lasciamo le lordure in giro. Ci chiediamo – osserva Menichelli –  perché c’è l’acqua delle inondazioni? Conversione responsabile. Occorre, innanzitutto una conversione sapienziale: sapere di essere convocati per collaborare non per mormorare. Per vivere non per sprecare. Per la dignità della vita, non per i moltiplicati capricci e piaceri. Convocati per una economia etica, non per una economia di mercato divinizzato e strafottente. Papa Francesco ci ha detto e ci dice che dobbiamo decidere di trasformare i nostri cuori, i nostri stili di vita e le politiche pubbliche che governano le nostre società. Allora, siamo disposti ad assumere la sobrietà come stile di vita? Una sobrietà che si libera dall’estetica. La bellezza, care donne, ditelo ai vostri figli e alle vostre figlie non sta nell’estetica. Una mamma, l’altro giorno, per l’onomastico di una figlia di dodici anni le ha regalato un buono per l’estetista!”

 

E il cardinale riprende: “Siamo disposti a custodire la vita e a celebrarla senza caricarla di pesi e fatiche e non più sottomessa agli stress dell’ingordigia? Quando vi confessate, dite i peccati seri! Peccato è quando uno dice: non ho tempo per te! Non ho tempo, per far che? Questo è lo stress della vita di oggi”.

Terza domanda: “Siamo disposti a ringraziare e pregare Dio e vegliare con saggezza sulla creazione tutta per essere servitori e non usurpatori?”

Quarta: “La società tutta nella sua articolazione politica, culturale, economica, finanziaria, produttiva è disposta ad educare le nuove generazioni, a prendersi carico della bellezza del creato non per sfruttarlo,ma per custodirlo come dono sacro per la vita? Questa è la famosa ecologia integrale. Ci fanno una testa così se butti per terra un pezzo di carta – non va bene! – ma non ci dicono che questa è un’ecologia parziale. Questa è la conversione da intraprendere contro una mentalità che ci governa e ci induce ad usare, rovinandolo, il giardino in cui viviamo”.

La giustizia e la pace passano attraverso l’itinerario di un’etica biblica. “Ora parlo ai medici – osserva Menichelli -: lo sapete dove siete caduti, cari medici? Voi ubbidite di più all’etica legislativa che non all’etica professionale. Lo ripeto: più all’etica legalistica e meno all’etica professionale”.

“Al centro c’è la persona, non le cose. Giustizia e pace passano per l’itinerario di una religione adorativa, non piagnucolosa che ci chiede di essere grati e ubbidienti alle regole di un ordinato universo il cui Signore non è l’uomo ma Dio. Siamo tutti dentro una circolazione virtuosa del sistema ecologico per uno sviluppo umano integrale, ma siamo chiamati anche a custodire il bene del sistema ecologico per custodire il bene della persona umana. Noi siamo figli di una cultura e fede biblica. Ci è stata consegnata questa profezia gaudiosa e ricca di futuro, sarebbe grave se tacessimo. Occorre liberarsi al più presto dalla visione consumistica e mercantile che ci ha omogeneizzato la testa. In questo compito, fatica della profezia sia l’ecologia integrale di cui parla papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ come strada inevitabile di speranza, solidarietà e sereno futuro”.

 

Non un intervento “scolastico”, non una Lectio magistralis, come richiesta al relatore e presentata sul manifesto. Non una esegesi specifica, dettagliata ricca e articolata dell’enciclica, ma la forte risonanza che la lettura, la riflessione, l’originalità della proposta di papa Francesco ha suscitato in modo particolare nei cristiani ma anche nell’umanità intera. Nessun componente di una famiglia può sentirsi estraneo nella casa in cui abita. La terra è la casa comune di cui tutti dobbiamo avere e prenderci cura.

La vivace relazione del card. Edoardo Menichelli, arricchita di stimoli e di provocazioni rende ancora più necessario e urgente il coinvolgimento richiesto all’uomo contemporaneo per “custodire il bene di ogni persona umana”.

La difesa della casa comune, come con efficace sintesi illustrava il manifesto dell’evento, è “tema di grande interesse, di straordinaria attualità, ma anche di portata eccezionale data la sua sfidante complessità che interpella tutto l’universo e tutti i viventi, chiamati ad una riflessione in termini di scienza e coscienza, libertà e sincerità, rinnovamento e coraggio, rispetto e religiosità, medicina e fede, bioetica e verità. In un mondo demograficamente e sociologicamente sconvolto, la politica si faccia virtù, affinché i decisori definiscano oculatamente positivi interventi di prevenzione per evitare il tramonto dell’umano”, osserrva Menichelli.

Storicamente siamo soliti fare riferimento a due pietre miliari che hanno segnato il cammino della dottrina sociale della chiesa: la Rerum Novarum di Leone XIII (1891) e la Populorum Progressio di San Paolo VI (1967). A pieno titolo, anche l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco del 24 maggio 2015 è da considerare pilastro storico a cui far riferimento per un’ecologia che voglia rimarcare il rapporto fra uomo e ambiente e la loro stretta correlazione. “Laudato si’, mi’ Signore, cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricorda che la nostra casa comune è una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba (LS, 1).