Scuola, il malessere degli adolescenti e la «carriera alias»

La «carriera alias» è una procedura per bambini/ragazzi proposta da associazioni Lgbtq+ e seguita da alcune scuole, quasi sempre all’insaputa della famiglia (a cui in realtà spetta la priorità educativa), nella quale si segue l’autopercezione di identità di genere indipendentemente dal sesso biologico, sostituendo il nome anagrafico nei registri e documenti scolastici. Tale decisione non rispetta neanche la comunità scolastica perché obbliga tutta la scuola, docenti, studenti, genitori e personale a conformarsi all’autopercezione del giovane. Non c’è fondamento giuridico che consenta alle scuole di adottare la «Carriera alias» adattando anche bagni e spogliatoi, perché i dati anagrafici possono essere modificati solo da apposita sentenza di tribunale, rispettando norme di legalità, che passano attraverso una diagnosi clinica e non un’autodichiarazione del bambino/a o ragazzo/a. Una parte significativa di queste richieste di cambiamento di sesso, rappresenta un fenomeno sociale, per cui la «transessualità» appare erroneamente come una risposta a un profondo malessere dell’adolescenza, una risposta radicale, medicalizzata, che risolverebbe le difficoltà una volta per tutte, nonostante il fatto che troviamo, in questi giovani, un numero elevatissimo di disturbi psichiatrici associati tipo anoressia, autismo, depressione, disturbi psicotici, traumi legati ad aggressioni sessuali, ecc.
Il problema è che oggi i giovani sono sottoposti a un continuo bombardamento culturale e mediatico che li invita a mettere in dubbio la loro sessualità, e che insinua nelle loro menti e nel loro animo la tremenda menzogna di essere «nati nel corpo sbagliato». La società dovrebbe aiutare gli adolescenti a resistere a questo bombardamento ideologico e a restare saldamente ancorati al reale, cioè al fatto di essere maschi e femmine. Invece, con la «carriera alias», la scuola avalla e incoraggia questo caos ideologico interiore, addirittura istituzionalizzandolo. È incredibilmente grave, incredibilmente pericoloso, incredibilmente dannoso soprattutto celare che si tratta di iter molto lunghi e delicati e soprattutto irreversibili, che prevedono terapie ormonali e interventi chirurgici mutilanti e dai risultati scadenti: ricordiamoci del «primum non nocere» del giuramento di Ippocrate. Dopo anni di apertura indiscriminata alla transizione di genere abbiamo centinaia di casi all’estero che vivono situazioni drammatiche, di pentiti della scelta fatta. E lo dimostra la chiusura della clinica Tavistock nel Regno Unito, e le decisioni che stanno prendendo altri paesi come Usa, Svezia, Svizzera.
Difatti l’attuazione di questi protocolli per l’infanzia (intesi, nel significato della «Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia», come relativi a minori di 18 anni) inizia appunto in diversi Paesi a generare procedimenti giudiziari avviati da alcuni adulti che hanno subito tali trattamenti prima della maggior età e successivamente hanno iniziato un processo di «detransizione» a volte ormai impossibile. Gli autori delle denunce sostengono che i protocolli sono stati attuati quando, da bambini, non avevano la capacità di comprenderne le implicazioni e quindi di dare un consenso informato e reale a tali protocolli.
Nei bambini e negli adolescenti il sistema neurale è in via di sviluppo, le capacità cognitive e intellettive sono immature con funzionamento psichico labile, accompagnato da notevole suggestionabilità ed esperienza di vita limitata e molti studi sull’argomento mostrano che la maggior parte dei bambini incerti sulla propria identità sessuale, dopo la pubertà non si prefiggono più l’obiettivo della propria trasformazione (85%).
Conoscendo questi dati, non appena diagnosticata la disforia, si devono dunque realizzare consulenze investigative e/o psicoterapie specialistiche in luoghi di consultazione «neutri» e «autonomi» da ogni influenza ideologica, effettuati da personale specializzato che ha seguito una formazione multidisciplinare (medica, psicologica, sociologica, giuridica, ecc…), necessaria per affrontare questi problemi, per accogliere queste famiglie in discussione e spesso in crisi, e per rendere conto del proprio operato davanti alle autorità competenti.
E quindi in situazioni accuratamente selezionate da valutare caso per caso, e sempre con estrema perizia e prudenza, possono essere somministrati farmaci che hanno notevoli effetti collaterali sia i bloccanti della pubertà (triptorelina) sia gli estrogeni che gli androgeni, dei quali alcuni effetti saranno irreversibili: ecco perché il ragazzo va seguito molto da vicino e reso consapevole delle scelte perché tutta la procedura può anche essere causa di sterilità futura, senza considerare le mutilazioni esterne (mammelle, testicoli). Ecco perché per certe scelte non ci si può appellare solo all’ideologia.
Da un sondaggio nazionale si evince che l’80% delle famiglie vuole essere preventivamente informato sulle attività che la scuola intende svolgere sui temi della sessualità e affettività. Jacopo Coghe rappresentante di «Pro vita e famiglia» ha inoltrato diffide alle scuole che hanno adottato la «carriera alias» in modo che i prèsidi aprano gli occhi ed ha già portato al ministro Valditara circa 70.000 firme perché prenda in considerazione questo problemaeducativo.

Maria Nincheri Kunz
Vicepresidente Nazionale Centro AMCI

 

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