Il diritto di aborto è l’aborto del diritto

«È abominevole quanto accaduto in Francia. Orribile che la Tour Eiffel sia stata illuminata a festa per celebrare il trionfo della morte cagionata ai più poveri dei poveri tra gli esseri umani, i più deboli, i più indifesi» (di Marina Casini)

di Marina Casini Bandini

È abominevole quanto accaduto in Francia. Diciamolo chiaramente: il diritto di aborto è l’aborto del diritto, dei diritti dell’uomo, dell’Europa, della civiltà. Non è un giudizio sulle donne, sui vissuti, sui drammi, sui singoli. È un giudizio sulla cultura arrogante e aggressiva che non tollera in alcun modo che si parli di lui: il concepito, il bambino non nato, la persona in viaggio verso la nascita, uno di noi, insomma. Non solo non vuole che se ne parli, ma non vuole neanche che si ponga la questione: “qualcosa o qualcuno?”. Orribile che la Tour Eiffel sia stata illuminata a festa per celebrare il trionfo della morte cagionata ai più poveri dei poveri tra gli esseri umani, i più deboli, i più indifesi. Una morte volutamente programmata, pianificata, iscritta fin nelle fibre più intime e identitarie dell’ordinamento giuridico: la Costituzione.

È questo il sintomo più grave di un atteggiamento veramente conservatore e reazionario racchiuso nell’ideologia pro-choice che si nobilita sotto la vernice dei diritti, delle libertà, della democrazia: tutti termini corrotti se i non nati vengono considerati un nulla da eliminare senza scrupoli. I diritti diventano pretese e la libertà sopraffazione, la democrazia una nuova forma di totalitarismo. Introdurre il diritto di aborto nel fondamento degli ordinamenti giuridici, quali sono le Costituzioni, è quanto di più abominevole si possa immaginare. É la massima sconfitta della civiltà, la peggiore versione del diritto, la perversione dei diritti dell’uomo. É summa ingiuria. L’affermazione dell’aborto come diritto significa istituzionalizzare la violenza facendosi beffe della libertà che si basa (lo dice la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) sul riconoscimento della dignità dell’altro.

Il figlio nel grembo della mamma è un altro, è uno di noi. Significa, ancora, distruggere la primordiale e più intima solidarietà esistente tra due creature umane – madre e figlio – indebolendo ogni altra solidarietà. Significa far trionfare logiche di prevaricazione, indifferenza, esclusione, nei confronti di ogni fragilità. Significa rinunciare a costruire la pace e la fratellanza. È Uno sfregio anche della convenzione sui diritti del bambino (ONU 1989) che chiede la tutela giuridica dei bambini anche prima della nascita. Da dove viene questa ideologia? Viene dal prevalere degli interessi pratici sulla ragione moderna, perché la scienza di oggi dimostra la piena identità umana dei figli anche prima della nascita. La congiura contro la vita incontra insuperabili difficoltà nel contrastare la scienza e perciò preferisce imporre il rifiuto dello sguardo sul concepito, preferisce l’arroganza al dialogo, la censura alla libertà di pensiero, la menzogna alla verità.

Possiamo rassegnarci a una tale situazione? Dobbiamo abbandonare ogni speranza? Non è possibile rassegnarsi né di fronte ai milioni di aborti realizzati con il sostegno degli Stati, né al numero incalcolabile di esseri umani eliminati nell’ambito delle tecniche di fecondazione in vitro. Negare radicalmente il diritto a nascere, introducendo addirittura nella Costituzione, il diritto di uccidere i non nati, significa sgretolare il grande progetto politico per cui l’Unione Europea esiste, per cui sono nate le Costituzioni nel secondo dopoguerra, aprire il solco di una lacerante contraddizione. È inaccettabile l’assuefazione di fronte all’attuale pretesa femminista – propagandata anche da potenti lobby internazionali – di considerare l’aborto come “diritto umano fondamentale”, come se il giusto moto di liberazione della donna da una minorità sociale e familiare trovasse la sua conclusione e raggiungesse il suo vertice con la facoltà di sopprimere i propri figli. Niente di più contrastante con la cultura dei diritti umani. Invece che deturpare i diritti pretendendo che diventi un diritto l’aborto, perché non occuparsi seriamente di liberare le donne dai condizionamenti (ce ne sono tanti!) che le spingono ad abortire? Non sarebbe questa una via per tutelare la salute delle donne che proprio dall’aborto viene danneggiata? Perché non investire finanziamenti e risorse per favorire le nascite, anziché promuovere iniziative per impedire a una moltitudine di esseri umani di vedere la luce? Parlare del diritto alla vita non è un impaccio, un freno, una difficoltà nella politica, ma – al contrario – una forza propulsiva.

Vengono in mente le parole della Corte Costituzionale tedesca espresse nel 1975 nel contesto delle spinte per la legalizzazione dell’aborto: «Di fronte all’onnipotenza dello Stato totalitario […] la Costituzione ha costruito un ordinamento legato ad un sistema di valori che pone il singolo uomo, nella sua dignità, al centro di tutte le sue norme […] a fondamento di questa concezione è l’idea che l’uomo nell’ordine della creazione, possiede un valore proprio ed autonomo che esige costantemente il rispetto incondizionato della vita di ogni singolo, anche della vita di colui che può sembrare socialmente senza valore». Si parla dei bambini non nati, di coloro che le Costituzioni degli Stati moderni dovrebbero massimamente proteggere. Quanto ha da imparare la Francia!

Sono quanto mai attuali le parole dei Vescovi italiani contenute nel messaggio della Giornata per la vita: «Così gli sbagli del passato si ripetono e nuovi continuamente vengono ad aggiungersi, favoriti dalle crescenti possibilità che la tecnologia oggi offre di manipolare e dominare l’essere umano, e dal progressivo sbiadirsi della consapevolezza sulla intangibilità della vita. Deprechiamo giustamente le negazioni della vita perpetrate nel passato, spesso legittimate in nome di visioni ideologiche o persino religiose per noi inaccettabili. Siamo sicuri che domani non si guarderà con orrore a quelle di cui siamo oggi indifferenti testimoni o cinici operatori? In tal caso non basterà invocare la liceità o la “necessità” di certe pratiche per venire assolti dal tribunale della storia».

É massimamente urgente che tutti ci si attivi moltiplicando le forze perché i non nati siano riconosciuti esseri umani a pieno titolo come esseri umani sono tutti i nati. Lo impone il principio di uguaglianza. La politica ha un ruolo di primo piano in questo senso ed è grave omissione girare la testa da un’altra parte. Non c’è politically correct che tenga!