Giancarlo Rastelli
Nasce a Pescara il 25 giugno 1933, ma fin da ragazzino si trasferisce a Parma con la sua famiglia (suo padre è di Polesine Parmense) e, pur non essendo mai stato un baciapile o un cristiano di facciata, già da giovanissimo coltiva un incontro personale ed interiore con il Signore, che si esprime soprattutto nei fatti, nel comportamento sempre gioioso, quasi scanzonato ma sempre rispettoso dell’altro, nella carità nascosta e fatta senza mai apparire.
Trascorre l’infanzia frequentando e plasmandosi con gli insegnamenti dei nonni a Polesine, vive con i suoi genitori e la sorella a Parma, dove si forma con gli studi classici e con quelli di Medicina, ma anche con l’incontro con Cristo, che impara a conoscere in maniera profonda, nella giovinezza, con gli amici e lo stretto contatto con i Gesuiti.
La sua vita si snoda tra università e frequentazione delle attività formative giovanili nella chiesa di San Rocco e del folto gruppo di ami-ci, fra sport, immersioni nella natura parmense e musica classica, sue grandi passioni.
Un ragazzo normale, che fa della normalità della vita quotidiana un capolavoro, lasciando lavorare il Signore e mettendo tanto amore in ogni attività, uno che considera sempre l’altro, soprattutto se di basso ceto, un suo amico, e non lesina di presentarlo tale agli altri.
Appassionatissimo della Medicina, si laurea con lode a Parma nel 1957, da subito si dedica a diverse pubblicazioni scientifiche, ed anche nell’ambiente universitario pone lo stesso impegno tanto nella professione e nell’approfondimento di ricercatore quanto nel confronto aperto e leale con chi non ha fede.
E quando si tratta di far del bene ad un mala-to, oltre che curarlo, spesso paga di persona, anche finanziariamente se necessario.
Nel 1961 vince una borsa di studio della NATO presso la Mayo Clinic nel Minnesota.
Scrive ad un amico: «Ho sempre pensato che la prima carità che l’ammalato deve avere dal medico è la carità della scienza. È la carità di essere curato come va. Senza di questo è inutile parlare delle altre carità. Senza di questo si fa del paternalismo e del pietismo soltanto».
Si trasferisce quindi a Rochester negli Stati Uniti: qui, nella vita austera e sobria di clinico e ricercatore, vive con gioia gran parte del suo tempo in ospedale, curioso e contento di tutto, pur senza nascondere le fatiche dell’adattamento di vivere all’estero, dando il meglio di sé per la cura e per la vita dei malati: dalla sua dedizione e passione traspare che non c’è solo l’impegno di un professionista ma anche il contatto con un libero seguace di Cristo.
Nei pochi anni seguenti mette a punto le sue scoperte per arrivare alle due tecniche di intervento cardio-chirurgico per correzione della trasposizione dei grossi vasi, che da lui prendono il nome: Rastelli 1 e Rastelli 2.
Si sposa a Chiaravalle della Colomba nel 1964 con Anna, colei che l’accompagnerà per tutto il suo cammino terreno: già al ritorno dal viaggio di nozze c’è la diagnosi di una malattia inguaribile (molto verosimilmente legata alle sue pratiche di ricerca clinica), ma questo non ferma Giancarlo, e la sua carità instancabile nel curare più persone possibile alla Mayo Clinic – spesso bambini e ragazzi italiani, che sostiene per le spese quando serve – e nell’affrettarsi a completare le tante ricerche scientifiche iniziate, tra un ciclo e l’altro di chemio e radioterapia.
Continua a lavorare con gioia e con fede, senza lasciar trasparire la consapevolezza di una vita breve.
Affronta il tempo della malattia con serenità e pace.
Ai familiari dice semplicemente: «Abbiate fede in Dio e nella “Mayo”».
Muore a Rochester il 2 febbraio 1970, lasciando la moglie e la sua piccola figlia amatissima.
Subito la sua fama, non solo di insigne ricercatore, ma soprattutto di uomo “molto speciale” si diffonde, maggiormente negli Stati Uniti, dove è conosciuto nell’ultima parte della sua vita.